Sono praticamente cresciuto a Torino con Marco e Sofia.
Abbiamo iniziato a lavorare insieme all’accademia, ma ricordo che quando eravamo piccoli giravamo in bici nelle colline piemontesi, scattando foto per far vedere all’altro chi aveva l’idea più figa.
Poi crescendo ci siamo appassionati ai viaggi.
E dopo la prima avventura in Grecia, non siamo più tornati indietro.
Da questo è nato il progetto Scatti Selvatici, dove vogliamo cogliere i piccoli dettagli paesaggistici e le sfumature delle culture dove viaggiamo.
Un pomeriggio, ci trovavamo nel nostro caffè preferito vicino piazza San Carlo con davanti una cioccolata bollente.
Stavamo fantasticando su dove ci avrebbe portato la nostra prossima avventura.
Ad un certo punto, Sofia se ne esce con una proposta:“Che ne dite del Marocco? Deserto, cammelli, stelle. Chissà come sono le persone poi. Io so che ci sono anche accampamenti di nomadi nelle tende. A me ispira!”
L’idea ci ha subito presi. Non sapevamo davvero cosa aspettarci.
Di certo non avevamo in mente di poter entrare così in contatto con le comunità locali.
Né pensavamo di passare delle ore a parlare “a gesti” con una famiglia berbera e ridere a crepapelle.
O di tornare a casa con un’esperienza che ti cambia così tanto e ti rimane nel cuore come quel giorno nella scuola del villaggio di Haroun.
Comunque, tornando ai primi giorni dopo quel pomeriggio nel caffè, ci siamo scontrati con la realtà di dover organizzare qualcosa di veramente unico e avventuroso.
E stavamo quasi per lasciar perdere.
Nel senso che non conoscevamo davvero quei posti e avevamo un po’ paura di finire con il solito gruppo di turisti.
Volevamo qualcosa di più di semplici foto ricordo.
Volevamo provare esperienze che ci facessero sentire vivi, che ci permettessero di entrare davvero in contatto con i locals e vedere nuove prospettive sul mondo — per poi catturare tutto anche con le nostre camere.
Era chiaro che volevamo evitare itinerari troppo turistici.
Ma come organizzare un viaggio così?
Dovevamo fare noi ricerche oppure trovare qualcuno di cui fidarsi?
Diciamo che il Marocco non è una meta come altre dove eravamo già stati in Europa. C’è sempre più turismo, ma rispetto a Francia, Grecia o Spagna è ad un altro livello.
E per quanto volessimo partire all’avventura, l’idea di perdersi davvero nelle piste del deserto o il pensiero di rimanere bloccati chissà dove, senza nessuno ad aiutarci, ci stavano bloccando…
Per fortuna, dopo un mesetto, il destino ha bussato alla nostra porta. Letteralmente, è venuto a trovarci a casa un vecchio amico di università (io, Sofia e Marco siamo coinquilini).
Dopo la cena è uscito il discorso Marocco e abbiamo scoperto che il nostro amico era appena tornato da un viaggio nel deserto con la sua fidanzata!
Ci raccontava di tutto e di più, dal cielo stellato infinito in mezzo alle dune al passo dell’Atlante con Hamed, una guida simpaticissima…
E i nostri occhi si illuminavano con ogni sua storia. A quel punto, la domanda era nella testa di tutti e tre: “Come hai organizzato questo viaggio?”
E lui ci risponde: “Dovete parlare con Lidia di AlidTours, noi ci siamo trovati davvero bene. Loro sì che sanno come farti vivere il Marocco.”
Scettici ma incuriositi, dopo aver fatto un paio di ricerche e visto le recensioni, decidiamo di ascoltare il consiglio del nostro amico.
Quindi contattiamo AlidTours per sapere se potevano aiutarci.
Devo dire che la prima chiamata con Lidia ha riacceso quell’entusiasmo che stavamo perdendo per il nostro viaggio.
Ci ha rassicurato e ha ascoltato quello che avevamo in mente, proponendoci idee che andavano oltre le solite esperienze turistiche che avevamo già visto.
Il Dar Haroun, questa “casa nel deserto”, ci gasava davvero tanto. Era quello che cercavamo.
La partenza per Fes era fissata al 3 Aprile e avevamo un percorso con guida tutto nel deserto.
Arrivati a Fes, l'energia vibrante della città ci ha subito avvolti: tajine, incantatori, mercatini…
Ma sono state le avventure nel deserto e soprattutto l'incontro con la comunità di Haroun che hanno cambiato la prospettiva del nostro viaggio.
Infatti, abbiamo avuto l’occasione di partecipare ad un evento speciale allo ksar Haroun, con l’associazione locale di cui Alì è presidente.
Prima di arrivare al villaggio di Haroun però, abbiamo macinato centinaia di chilometri, scattato foto pazzesche e vissuto esperienze che ci hanno cambiato.
Alì, poi, era un libro aperto di storie e aneddoti sul Marocco. Per ogni luogo o persona che incontravamo riusciva a raccontarci di tutto e di più.
Ma non erano solo parole. Infatti, quando capitava di incontrare oasi, palmeti o tende berbere, Alì si fermava e ci faceva apprezzare a fondo quel momento.
Anche incontrare gruppi di dromedari che scorrazzavano beati in mezzo al nulla è stato bellissimo.Il deserto era sempre più incredibile… da una pista sabbiosa passavamo a una di pietre nere lunari o ad una che pareva una salina.
Poi dal niente vedi una casetta messa su alla buona. Vendono acqua e ti offrono il thé. “Com’è possibile?”, ci chiedevamo.
Ogni tanto trovi un micro-villaggio, che non vedi subito.
Di solito arrivano prima i bambini che corrono quando vedono arrivare una macchina.
A proposito, su consiglio di Alì, non bisogna dare Dirham a questi bambini perché disincentiva le famiglie a mandarli a scuola!
A Rissani, il mercato è un labirinto di colori e voci.
E lì, tra un banco di spezie e uno di tessuti, assisto a uno scambio semplice ma per me e Luca incredibile: un asino per delle galline davanti a del té versato da almeno 2 metri!
Ridiamo tutti, increduli. 'È così che funziona qui', ci dice Alì. 'Tutto ha un valore, tutto è negoziabile.'
Dopo giornate fatte di escursioni, storie, risate, scatti e molto altro, ci siamo fermati al Dar Haroun per un momento tanto semplice quanto speciale…
Siamo entrati nell’unica scuola dello ksar Haroun e abbiamo distribuito ai bambini dei giocattoli presi con l’associazione locale. Vedere i loro sorrisi luminosi e sentire le risate riempire l'aria, ha aggiunto un nuovo strato di significato alla nostra avventura.
I bambini ci mostravano i loro disegni, cercando di spiegarci, con poche parole d'inglese e tanti gesti, cosa rappresentavano.
Ho percepito un immenso senso di gratitudine, arricchito ancora di più dal fatto che abbiamo contribuito a quella iniziativa con una parte dei soldi per nostro il viaggio, donata poi da AlidTours all’associazione.
Al primo contatto con alcune zone povere del villaggio provavo dispiacere e un po’ di pena, ma da quell’esperienza lì ho cominciato a vedere tutta l’energia dei bambini e l’amore delle loro famiglie.
Abbiamo visto un posto dove il tempo sembrava essersi fermato e dove noi stavamo contribuendo a creare nuove opportunità.
Ci sono tantissime esperienze che hanno arricchito ogni nostro giorno in questa avventura marocchina.
Dal bivacco in mezzo alle dune alle capre arrampicate sugli alberi o le notti passate sotto le stelle in terrazza.
Ma nulla quanto quel giorno con i bambini della scuola di Haroun.
Riflettendo sulla nostra avventura durante il volo di ritorno, ci siamo resi conto che il Marocco ci aveva offerto molto più di un semplice “viaggio fotografico”.
Ogni foto scattata, ogni risata condivisa, ogni momento di stupore davanti alle meraviglie del Marocco, ci ha legati in modi che non avremmo mai immaginato.
Il Marocco ci ha regalato storie da raccontare, ricordi indimenticabili e la sensazione di aver fatto qualcosa di realmente significativo.
Questa avventura ci ha insegnato che ogni viaggio ha le sue sorprese, che le stelle sono più luminose quando condivise e che, a volte, le lezioni più preziose vengono dal sorriso di un bambino in un piccolo villaggio del Sahara.
E, soprattutto, che i veri viaggi sono fatti di persone, incontri e storie che aspettano solo di essere vissute.
Così, tra un'ultima risata e una promessa di ritornare, abbiamo lasciato il Marocco. E lo abbiamo fatto non solo con le memory card piene, ma con il cuore arricchito di esperienze indimenticabili.
Non vedo l'ora di vedere dove ci porterà la prossima avventura, ma questo Marocco che ho vissuto, anche grazie ad AlidTours, è fra i primi posti in cui voglio tornare!